L’ultima supercar nata in quel di Maranello si propone quale vetrina tecnico-prestazionale del meglio tecnologico attualmente offerto da Ferrari. “F80” mutua infatti il know-how maturato da Cavallino nel motorsport per dare vita a una supersportiva stradale equipaggiata con gruppo di motopropusione ibrido da mille 200 cavalli di potenza massima
Un concentrato di tecnologia. Derivata direttamente dalle esperienze più recenti nelle classi regine del motorsport, ossia dalla Formula 1 e dal World Endurance Championship, dove Ferrari è riuscita a vincere le ultime due edizioni della 24 Ore di Le Mans con il modello “499P”. L’ultima supercar del Cavallino, denominata “F80”, mira infatti a rappresentare la vetrina tecnico-prestazionale del meglio che la Casa di Maranello può attualmente offrire, combinando tale ambizione con una guidabilità tale da renderla utilizzabile senza compromessi anche su strada.
Una supercar fedele all’impronta racing
Una supersportiva da pista utilizzabile, anche, alla stregua di una vettura di serie quindi, stilisticamente e meccanicamente fedele però a quell’impronta racing richiamata soprattutto da un gruppo di motopropulsione che come nelle vetture impegnate in Formula 1 e nel World Endurance Championship è incentrato su un V6 turbo benzina abbinato a un sistema ibrido operante a 800 volt.
Il motore termico “F163Cf” in architettura a “V” di 120 gradi, da tre litri di cubatura, affianca in effetti i suoi 900 cavalli di potenza massima a un powertrain ibrido strutturato sulla base di tre unità elettriche, due posizionate sull’assale anteriore e una su quello posteriore, che mettono a disposizione ulteriori 300 cavalli equivalenti così da realizzare una potenza complessiva di mille 200 cavalli.
Numeri record per una supercar del Cavallino. Numeri raggiunti grazie all’adozione a livello di propulsione termica dell’architettura, del basamento, delle catene di comando e del layout della distribuzione, dei recuperi della pompa olio, dei cuscinetti e degli iniettori dal propulsore della Ferrari “499P” vincitrice della 24 Ore di Le Mans, a cui i tecnici di Maranello hanno affiancato i sistemi “Mgu-K” e “Mgu-H” mutuati dall’esperienza maturata in Formula 1. Con il primo che si è concretizzato attraverso l’ingegnerizzazione di un’unità elettrica simile a quella che equipaggia le monoposto Ferrari, mentre il secondo genera potenza utilizzando l’energia cinetica in eccesso delle turbine sfruttando un turbo elettrico posto tra ciascuna delle turbine e il compressore.
L’innovazione è di casa a Maranello
Esclusivi per “F163Cf” invece gli interventi di estremizzazione della calibrazione del motore e soprattutto delle fasi di accensione e iniezione. Con il nuovo V6 che in tale ottica si propone come il primo propulsore stradale che beneficia di un nuovo approccio per il controllo statistico della detonazione, la cui azione consente di avvicinare i limiti di detonazione sfruttando la capacità del motore di utilizzare pressioni in camera di combustione più elevate del 20 per cento rispetto a quanto realizzato dalle precedenti unità Ferrari. In confronto a questi ultimi, i tecnici di Maranello hanno rivisto anche bielle e pistoni, con le prime realizzate con titanio e caratterizzate da un’interfaccia dentata sulla superficie di accoppiamento tra fusto e cappello volta a garantire il centraggio perfetto e la più elevata precisione nell’accoppiamento con i cuscinetti.
I pistoni di alluminio sono invece stati ottimizzati per limitare il peso e resistere a pressioni in camera e flussi termici aumentati, obiettivi che hanno imposto sia la realizzazione dello spinotto di acciaio ad alta resistenza rivestito dal trattamento “Dlc”, “diamond-like carbon”, sia l’inserimento nella zona di accoppiamento tra quest’ultimo e la biella di un foro dedicato al passaggio di olio per ottimizzare la lubrificazione.
Powertrain elettrico
Tutte soluzioni di stampo racing quindi, come al settore del motorsport strizza l’occhio anche l’istallazione del propulsore al limite del fondo piatto, con la distanza massima tra l’asse dell’albero motore e tutti i componenti disposti sul fondo della coppa portata a soli 100 millimetri anche grazie alla presenza di un nuovo volano a diametro ridotto, realizzato attraverso l’adozione di due ranghi separati di molle che ha peraltro permesso di ridurre la rigidezza complessiva del sistema e di filtrare meglio le vibrazioni verso il gruppo trasmissione. Tali interventi, oltre a contribuire all’abbassamento del baricentro di “F80”, fungono inoltre da strategico supporto al powertrain elettrico progettato e sviluppato per la prima volta interamente a Maranello.
Un know-how ingegneristico maturato in Formula
In tale ottica, i tecnici Ferrari hanno attinto a piene mani dal know-how ingegneristico maturato in Formula 1, puntando in particolare su unità caratterizzate dalla tecnologia con statore a bobina di dente, rotore con configurazione Halbach array e ritegno dei magneti con fibra di carbonio. Quest’ultimo, il ritegno dei magneti con anelli di fibra di carbonio, ha infatti permesso di portare il regime massimo delle unità elettriche a 30mila giri al minuto, mentre la tecnologia Halbach array ha consentito di massimizzare la densità dei flussi magnetici senza che ciò gravasse negativamente in termini di peso e di inerzia. Lo statore a bobina di dente, dal canto suo, si avvale dell’avvolgimento con filo Litz che riduce il cosiddetto “effetto pelle” permettendo quindi alla corrente di passare uniformemente in tutta la sezione dei cavi e minimizzandone le perdite.
Ricerca di efficienza aerodinamica
Così configurato, il powertrain elettrico contribuisce quindi a enfatizzare il carattere sportivo di “F80”, reso peraltro esplicito anche da un aerodinamica attiva che, attraverso l’ala mobile e l’estrattore posteriori, il triplano e il condotto “S-Duct” anteriore, è in grado di generare mille e 50 chili di carico verticale a 250 all’ora. Tale ricerca di efficienza aerodinamica ha di fatto dato vita a un design della vettura particolarmente squadrato, con fianchi molto verticali che si appoggiano in corrispondenza delle ruote e si collegano alla parte superiore della carrozzeria formando quasi un angolo retto volto a trasmettere un’immagine di monoposto da Formula 1 carenata. Un’architettura stilistica che fa peraltro emergere come una bolla l’abitacolo, concepito come una cabina rastremata e focalizzata sul pilota per trasmettere un effetto monoposto. Non a caso, la Casa di Maranello definisce la configurazione della vettura “1+”, nel senso che seppur omologata per due persone l’utilizzo che meglio permette di fruire del carattere sportivo di “F80” è quello singolo, complici anche i sedili sfalsati in senso longitudinale, con quello del passeggero più arretrato, e differenziati anche a livello di materiali.
Ferrari F80, Evoluzione adattiva
L’ala posteriore rappresenta il tassello principale del sistema di aerodinamica adattiva che consente a “F80” di adattarsi a ogni condizione dinamica, misurata ed elaborata in tempo reale dai sistemi di controllo del veicolo. In base alla richiesta del pilota in termini di accelerazione, velocità e angolo di sterzo, i sistemi preposti alla dinamica di marcia identifica il miglior compromesso tra carico, bilanciamento e resistenza. Ciò, al fine di trasferire i corretti parametri di posizionamento all’ala attiva. Quest’ultima integra infatti una regolazione che ne permette sia il sollevamento, sia la regolazione dinamica e continua dell’incidenza con cui è possibile modulare carico verticale e resistenza. In configurazione “High Downforce”, utilizzata in frenata, in ingresso e in percorrenza curva, l’ala forma un angolo di 11 gradi rispetto alla direzione del flusso, generando un carico verticale di oltre 180 chili a 250 all’ora. All’estremo opposto dell’inviluppo di rotazione l’ala è in configurazione “Low Drag”, riconoscibile dalla posizione cabrata con bordo d’attacco rivolto verso l’alto, così da ridurre al minimo la resistenza all’avanzamento grazie alla riduzione dell’effetto deportante e all’effetto di trazione generato dal nucleo di bassa pressione residuo agente sulla superficie inferiore dell’ala stessa.
Ancora di plus
Ferrari “F80” segna il debutto nell’ambito delle vetture stradali della tecnologia frenante “Ccm-R Plus”, sviluppata dai tecnici di Maranello in collaborazione con Brembo. Rispetto agli impianti carboceramici che equipaggiano le attuali supercar, prevedono infatti sia l’impiego di fibre lunghe di carbonio che migliorano le doti di resistenza e conducibilità termica, rispettivamente del 100 e del 300 per cento, sia il rivestimento delle superfici frenanti con uno strato di carburo di silicio che garantisce una elevata resistenza all’usura e un ridotto tempo di rodaggio.
L’abbinamento con pastiglie freni dalla mescola specifica garantisce inoltre una stabilità assoluta del coefficiente di attrito anche nelle condizioni più estreme di guida continuata su circuito, mentre i canali di ventilazione del disco, disposti su due file, assicurano un raffreddamento più rapido grazie alla maggiore area di scambio termico e alla geometria ottimizzata attraverso specifiche metodologie di calcolo fluidodinamico.
Titolo: Ferrari F80, un concentrato di tecnologia
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